martedì 26 aprile 2011

La metodologia territorialista nello studio di un’area incisoria appenninica: il caso della Val Limentra.

Un’area incisoria, ovvero un settore del territorio caratterizzato dalla presenza di siti archeologici con rocce incise costituisce, se considerata nel suo complesso, un “elemento”culturale di eccezionale complessità. In questo senso la prima considerazione nell’impostare una indagine che voglia proporsi come tendenzialmente (e tuttavia mai) completa riguarda la natura necessariamente multidisciplinare che lo studio deve assumere, sarebbe a dire il necessario utilizzo di differenti tipologie di analisi. Appare infatti evidente che riferirsi esclusivamente ad una qualsivoglia metodica porterebbe all’appiattimento dell’analisi entro un’unica, per quanto ampia, visuale, finendo per ignorare altri aspetti culturali o prospettive della ricerca. Ben si comprende dunque come la sola metodica, ad esempio, tipologica (l’esame dei diversi tipi di incisioni), per quanto in sé
affascinante e apportatrice di importanti dati, non sia in grado di farsi carico della complessità a cui si fa riferimento in questa sede; come del resto sembrerebbe improbabile delegare tale studio unicamente all’analisi geologica delle rocce o alla raccolta ed esegesi della tradizione orale.

Definita l’area geografica oggetto di studio è poi evidente che non è possibile definire un
ambito cronologico alle ricerche, poiché le incisioni studiate sono riferibili a differenti e
sovente tra loro distanziati lassi temporali.
Si noti del resto che il rifiuto di delimitare un segmento cronologico di studio costituisce uno
dei più importanti assunti metodologici dell’Archeologia Globale del territorio, metodologia
oggi finalmente in forte ascesa in Italia, soprattutto nel triangolo Liguria – Emilia – Toscana
(Mannoni 1970, 1988; Notini 1974; Tozzi 1980; Bottazzi 1985; Ghiretti 1988; De Marchi
2000); se infatti, nel corso dello studio archeologico di un territorio, il ricercatore punta la sua
attenzione sulle emergenze antropiche di un determinato periodo va da sé che non solo non
potrà essere portata a termine una ricerca storica, ma soprattutto non sarà stato soddisfatto
che, ancora una volta, un puro e semplice interesse personale.
La scelta del settore di indagine scaturisce in primo luogo dalla constatazione per cui entro
tale area, per la prima volta in ambito appenninico, la ricerca nel territorio ha evidenziato la
presenza di un certo numero di importanti complessi di Arte Rupestre, prossimi tra di loro e
caratterizzati ognuno da migliaia di motivi incisi. Inoltre non si è sottovalutata la caratteristica
di quest’area di avere costituito da sempre uno dei maggiori assi di percorrenza tra il
Settentrione padano e l’Italia centrale, fattore culturale di notevolissima importanza. Infine si
è ritenuta, a garanzia della scientificità dello studio, la profonda omogeneità dell’Alta Val
Limentra, la quale è omogeneità degli aspetti ambientali, culturali, etnolinguistici e,
verosimilmente, archeologici.
Si è dunque ritenuto che le metodiche di analisi dei complessi rupestri dovessero essere
costituite, in primo luogo, da una trattazione sulla geologia e geomorfologia generale dell’area,
da una raccolta delle tradizioni orali sui “Sassi Scritti”, da uno studio dei documenti medievali
che ne danno notizia. Dal punto di vista strettamente archeologico è stata impostata una
concreta ricerca di Archeologia Globale del territorio, cui è seguita una analisi tipologica dei
motivi incisi, lo studio degli elementi figurativi di maggiore significato storico e culturale, la
ricerca di confronti datanti.
Tre sono i caratteri della ricerca da evidenziare:
1 – Si è tentato di creare un quadro unitario facendo confluire le varie metodologie entro
un’unica prospettiva di ricerca, rappresentata da uno studio sistematico di Archeologia del
territorio. Oggetto di questa disciplina è, in un primo momento, l’individuazione dei siti
archeologici precedentemente non conosciuti in un settore di territorio, con lo scopo di
conoscere i modelli insediativi, ovvero i tipi di luoghi che hanno attirato per insediarsi
l’interesse delle comunità del passato.
In tal modo è possibile arrivare a comprendere, in fasi avanzate della ricerca, quale funzione
hanno avuto i modelli insediativi stessi (abitativa, economica, cultuale, necropoli etc.) nei vari
periodi storici, elemento che contribuisce a restituire la “dinamica del popolamento”, ovvero la
ricostruzione della forma sociale, economica e politica di una comunità antica.
Il concetto che stà alla base della metodica è che dati archeologici nuovi devono essere
ricercati nel territorio, delegando a fasi successive l’applicazione di ulteriori metodologie di
studio.

Il motivo di questa successione temporale è dovuto al fatto che l’esplorazione di un’area
restituisce dati “puri”, ovvero in cui non interviene se non in modo assai contenuto
l’interpretazione dello studioso: si tratta dei dati topografici e di cultura materiale offerti da
quei luoghi che sono stati effettivamente frequentati nel passato. In un secondo momento il
confronto tra i vari siti rappresenta la molla della fondamentale osservazione che nel
territorio esistono modelli insediativi diversi e che ognuno di questi è portatore di ben
determinate funzioni antropiche.
Del resto è la stessa territorialità, ovvero la capacità di prendere in esame non un solo punto o
un’area ristretta, bensì la totalità di un areale prescelto, il secondo motivo di vantaggio
nell’anticipazione di tale tipo di studi rispetto ad altri; infatti nel momento in cui un certo
numero di insediamenti – la trama insediativa di un territorio – sarà conosciuto, Anche sarà
possibile decidere in quali sarebbe vantaggioso procedere a ulteriori analisi, la più importante
delle quali è senza dubbio lo scavo archeologico stratigrafico.
Va da sé a questo riguardo che, pur considerando il territorio indistintamente e ricercando
insediamenti di qualsiasi genere, la complessità presentata dai siti rupestri dell’Alta Val
Limentra ha obbligato, in questa prima fase di studio, a concentrare l’analisi su tale tipo di
emergenze, per una necessaria organizzazione del lavoro.
Si osservi comunque che nei siti con presenze incisorie lo scavo archeologico risulta talora un
procedimento del tutto inutile, essendo sovente i veri “materiali” archeologici, cioè le incisioni,
già in luce e le rocce fuori terra se non del tutto isolate da strati terrigni; in tali casi analisi
successive saranno, ad esempio, di genere tipologico.
2 – La ricerca sul campo ha seguito due distinte e contemporanee linee di acquisizione dati.
Mentre infatti da un lato è stata avviata l’indagine territoriale sopra detta, finalizzata
all’individuazione di nuovi siti con incisioni o, in quelli già noti, di rocce incise non ancora
conosciute, dall’altro si è proceduto al rilevamento globale dei motivi incisi sulle rocce stesse.
Il rilevamento, sempre preceduto dalle due accurate fasi di pulitura e analisi visiva delle
incisioni, è stato effettuato mediante disegno con pennarello indelebile su fogli di polietilene.
Si è invece deciso di non utilizzare il metodo normalmente impiegato in area alpina, il frottage,
a causa della forte fatturazione e granulometria differenziata dell’Arenaria Macigno.
Nessun masso è stato rilevato una sola volta, bensì nel corso di tre – quattro sedute distinte,
sempre dalla stessa persona e nel corso di quasi due anni di lavoro. E’ sembrato in tal modo di
aver limitato le imprecisioni.
3 – Poiché lo studio ha seguito differenti percorsi metodologici si è tentato, più che di
giustapporre i vari ordini di dati, cosa che avrebbe portato nel caso migliore ad una
sommatoria di elementi culturali, di fonderne i risultati; è sembrato in tal modo di poter più
facilmente aspirare ad un innalzamento del livello interpretativo.
Risulterà forse qui più evidente l’interazione che si è cercato di perseguire tra i dati territoriali
e quelli di tipologia dell’inciso, entro cui rientrano anche i tre distinti settori di cronologia
relativa (studio delle sovrapposizioni), evoluzione dei simbolismi (studio dei riadattamenti) e
confronti cronologico culturali. Il motivo di questa compenetrazione di metodiche risulta
precisamente dalla necessità di giungere a più precise scansioni culturali e cronologiche,
superando i naturali limiti interpretativi tipici sia di una impostazione territorialista pura
come di una meramente tipologica.
Ma in sede di interpretazione finale si è tentato di abbozzare un quadro il più completo ci sia
stato possibile, che tenesse nel debito conto i dati geomorfologici, quelli offerti dalla tradizione
orale e dai documenti medievali.
Si è trattato in definitiva del tentativo di superare lo stesso territorialismo puro e di
raggiungere un primo ineliminabile livello di quella interdisciplinarietà cui si è accennato,
considerata dallo scrivente come possibilità unica di produrre uno studio suscettibile di
sviluppo da parte del mondo scientifico, ma soprattutto come il solo modo di procedere alla
storicizzazione dei dati archeologici, alla loro conversione in una porzione, per quanto
modesta, di Storia.

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