INTRODUZIONE

Fino a quando la generazione dei giovani archeologi sarà lavorativamente utilizzata e sfruttata nei cantieri edili che hanno subito un fermo di cantiere da parte della Soprintendenza ai beni archeologici accadrà che i giovani archeologi stessi rimarranno sostanzialmente degli operai di cantiere, e non sarà possibile avviare quel processo di professionalizzazione della figura dell’archeologo che, unico, potrebbe essere alla base della costituzione di un albo professionale.
Siamo infatti convinti che, per i prossimi Governi, la sfida della promulgazione di una Legge che vada a costituire un albo professionale per gli archeologi rappresenti il punto nevralgico non solo della creazione di una nuova professione, ma anche del tentativo di portare a soluzione uno dei più gravi problemi che oggi affliggono la nazione italiana: quello della progressiva ed irreversibile perdita del proprio patrimonio storico e archeologico. Non dimentichiamo che questo patrimonio non è soltanto il nostro passato, ma dovrà diventare anche il nostro futuro, un futuro economicamente votato al turismo di qualità sul territorio.
La costituzione dell’albo professionale degli archeologi metterà gli archeologi stessi al riparo dai poteri forti ed assolutistici della Soprintendenza, che utilizza a proprio vantaggio l’inadeguatezza della legislazione, e dell’Università, che sfrutta ignobilmente i giovani archeologi, e di conseguenza li metterà in grado, svolgendo il proprio lavoro finalmente professionalizzato, di intraprendere la faticosa strada del recupero e della valorizzazione del patrimonio nazionale storico e archeologico.
Ora dobbiamo credere che i meccanismi di affermazione del Decreto Legislativo 163/2006, detto anche legge sull’Archeologia Preventiva, non siano sufficienti neppure essi, da soli, allo scopo di affermare questo processo di professionalizzazione. Non solo infatti tale decreto si riferisce unicamente alle stazioni appaltanti pubbliche, ma, fatto anche più rilevante e grave, in esso non viene fatto che un breve cenno alle ricerche metodologiche preliminari di superficie, di modo chè avviene che varie Soprintendenze neppure citino queste ultime in sede di prescrizione di Soprintendenza, un dato di fatto questo gravissimo in quanto tutte le successive operatività dell’Archeologia Preventiva ne vengono completamente inficiate. Dove infatti sarebbe possibile posizionare i sondaggi, e quali siti archeologici sarebbe possibile individuare senza una metodologica campagna di ricognizione archeologica su campo? Per onestà dobbiamo rispondere: certamente nessuno, se non per caso.
Taciamo poi del fatto, altresì deleterio, che il decreto non cita la necessità di fare queste ricognizioni prima della fase progettuale anziché dopo.
Dunque ben si comprende che senza una metodologia di base di riferimento per le ricognizioni di superficie non sarà possibile riuscire ad individuare gli insediamenti archeologici presenti sul territorio interessato dalle progettazioni.
Ora in Italia abbiamo la possibilità di applicare la più completa e moderna metodologia oggi esistente in Europa, descritta dal Professor Tiziano Mannoni e dai ricercatori dell’Istituto di Storia della Cultura Materiale di Genova: l’Archeologia Globale del Territorio.
Dobbiamo credere che fino a quando i giovani archeologi non utilizzeranno l’Archeologia Globale del territorio come strumento base per una corretta Archeologia Preventiva non solo essi non saranno che degli operai, non solo non avverrà nessuna professionalizzazione della figura dell’archeologo, ma l’intera archeologia italiana proseguirà nell’attuale situazione di sfascio.
Certamente il vero freno alla situazione attuale di degrado non si potrà avere che quando il mondo archeologico italiano sarà in grado di creare prodotti autonomi di valorizzazione turistica del bene storico archeologico con una propria validità sul piano economico. Non sono tali, per intenderci, i parchi archeologici, per la massima parte, fino ad oggi creati dagli istituti universitari e altri enti: tali parchi infatti non solo sono contenitori vuoti e privi di valenze turistiche, ma peggio si trovano in condizione economica di perdita. Chi scrive non si vuole riferire a questo genere di parco archeologico.
Il presente blog vuole essere uno stimolo e una indicazione, oltreché un aiuto concreto, a quei giovani che, intelligenti e volenterosi, comprendono la attuale situazione e vogliono fare qualche cosa per modificarla. Rammentiamo che nulla ha significato se non è metodologicamente corretto.
Chi infatti vorrà, partendo da una corretta impostazione metodologica di base, aprire una propria ditta, nel presente blog potrà trovare in primo luogo tutte le indicazioni metodologiche necessarie, ma anche saranno presenti le schede modello di quei prodotti commerciali, già testati con successo nell’esperienza dello Studio di Archeologia Globale di Parma, che sarà opportuno impostare lavorativamente alla base dell’offerta commerciale di una ditta di moderna impostazione e di professionalizzazione avanzata dal punto di vista archeologico.
Ulteriori aiuti sarà possibile ottenerli tramite contatti diretti. Bisogna sapere che già un’altra giovane ditta, nata in Toscana recentemente, ha richiesto ed ottenuto di potersi muovere in tal modo, ed è attiva sul territorio.
Come ripeto, fino a quando non saranno proprio gli archeologi a sollevarsi con le loro forze dal fango in cui classi dirigenti ignobili li hanno gettati, nessun futuro ci potrà essere per l’archeologia italiana, che Dio la benedica!
Ed il futuro è nella professionalizzazione nostra!
Ed il futuro è nei nostri parchi archeologici metodologici che nasceranno!