lunedì 25 aprile 2011

Archeologia funzionale - 4

Abbiamo visto che un insediamento abitativo ben strutturato ha quattro funzioni ovvero le funzioni demografico culturale, economica, politica, cultuale. O forse non è così. Allora potrebbe essere, questo abitato, un sito secondario gerarchicamente sottoposto ad uno più ampio: gli mancherebbe in tal caso una funzione gestionale, politica, pur potendo conservare presumibilmente aspetti abitativi, economici e cultuali del più vario tipo e anche importanti.
Ma talvolta non è così. Un insediamento potrebbe infatti demandare taluni aspetti cultuali, quali religiosità ufficiale o sepoltura dei morti, ad un sito preminente dove è maggiore la rappresentatività sociale di tali aspetti: in questo caso mancherebbe in parte, questo villaggio minore o fattoria, di certi aspetti sacrali. Ad un sito simile rimarrebbero comunque ovvi aspetti economici e abitativi.


O forse non è così. Nel caso ad esempio di un sito semipermanente in quota lo stesso aspetto abitativo, che pure la presenza abbondante di ceramiche da capanna ci suggerisce evidente, è limitato a pochi mesi all’anno. L’aspetto abitativo tende a scomparire nel sito di alpeggio, dove una assolutamente prevalente funzione economica soverchia l’aspetto demografico: è infatti possibile che la permanenza in un singolo alpeggio non superi le poche settimane mentre del resto la popolazione è residente per la maggior parte dell’anno in un insediamento stabile, vero centro demografico del territorio posto più a valle. Anche in questo caso si osserva che l’unica funzione veramente ineliminabile dall’esistenza di un villaggio è la sua componente economica.
Se non ha caratteri economici un insediamento abitativo semplicemente non esiste.
Ed è questa la vera spiegazione del perché gli insediamenti si attivino nascendo, abbiano un periodo di vita, quindi cessino la loro esistenza per potere in seguito, quando si ripristinino determinate funzioni – e prima tra tutte quella economica – rinascere. Come commentare? Sarà opportuno, nel proseguio di uno studio territoriale già avviato e giunto alla giusta fase di maturazione, cercare di definire i caratteri demografici, economici, politici e cultuali di ognuno degli insediamenti abitativi individuati. In tal modo sarà possibile osservare non solo che sono numerose le tipologie insediative, ma anche istituire collegamenti tra i vari siti e avviare la comprensione della storia di un territorio. Non dimentichiamo comunque che ovviamente esistono siti che non hanno una funzione economica, quali i santuari di lega, i siti militari di difesa del tipo delle cinte murarie medievali di IX – XI secolo in Appennino, della maggior parte dei luoghi sacri: ma tutti uesti siti non sono generalmente sedi di abitato.
Similmente un sito economico può anche non essere abitativo, si pensi ad esempio ad una fornace da laterizi isolata presso un corso d’acqua. Anche in tutti questi casi appare opportuno interrogarsi sulla funzione di volta in volta espressa dal sito.

L’elaborazione di un metodo avanzato di ricognizione archeologica di superficie. Lo
studio delle linee di caduta intese quali “strutture secondarie pluristratificate”.

Indagini su di una linea di caduta
Le considerazioni di archeologia funzionale esposte nelle note precedenti sembrano dunque innescare una serie di interrogativi sugli insediamenti d’altura di Età del Bronzo, del Ferro e medioevali, interrogativi che nascono a loro volta dall’urgenza di approfondire i dati concreti già evidenziatisi grazie ad una precedente intensa fase di studio. Di conseguenza, pur proseguendo l’analisi dei siti indagati e in particolare delle linee di caduta degli stessi secondo le consuete modalità di ricognizione sul territorio fino ad ora adottate, le quali hanno dimostrato la loro validità nella ingente qualità, quantità e interrelazione dei dati recuperati, pure è sembrato evidente che a lato di quel tipo di ricognizione fosse necessario elaborarne un tipo più complesso e avanzato. In una parola era necessario impostare un genere di ricognizione capace di fornire il maggior numero di risposte agli interrogativi sopra evidenziati, i quali sono dunque relativi alle quattro funzioni delineate demografico – culturale, economica, politico – gestionale e cultuale. Dunque in primo luogo la ricognizione, proprio in sé stessa, doveva essere concepita quale momento di fondamentale acquisizione dei dati sugli insediamenti del passato. L’attenzione si è rivolta a quelle linee di caduta le quali, a causa del taglio di un versante provocato dall’esistenza di una strada oppure da ripetute arature o da scassi d’altro genere, mostravano la loro conformazione stratigrafica sotterranea. Si osservi infatti che oggi le pratiche agricole ed edilizie, specie nei settori collinari, sono giunte ad un forte impatto con il territorio, e questo è il motivo per il quale l’analisi e la preservazione delle pur sempre fragili e abili linee di caduta dovrebbe costituire una priorità. E’ stato dunque possibile constatare ciò che era comunque ovvio, ovvero che le linee di caduta non sono affatto semplici franamenti scomposti del terreno, magari originati da scarti di rifiuti antichi, come purtroppo è spesso creduto o dato per scontato: esse ben diversamente costituiscono quelle che si possono definire a ragione “strutture secondarie pluristratificate”. In una parola, se è comunque vero che non si tratta di terreno archeologico in giacitura primaria, dunque non in grado di fornire i dati strutturali e stratigrafici originari, pur tuttavia le linee di caduta mostrano un complesso assetto di stratificazione secondaria il quale sembra oggi ancora ampiamente in grado, se analizzato dettagliatamente, non solo di fornire i materiali superstiti dell’insediamento bensì, con importanza ampiamente maggiore,
attraverso l’analisi dei singoli livelli di terreno che lo compongono, di dare risposta a numerose domande riguardo l’insediamento originario. Inoltre, mentre si veniva delineando questo nuovo scenario, il prosieguo dello studio di svariati siti chiariva che assai spesso un insediamento non conta una sola linea di caduta, bensì più d’una, fino per ora ad un massimo di sei a Monte Corno di Val Parma. In questi ultimi casi accadeva, com’è ovvio, che ognuna di queste linee si trovasse lungo un settore di versante differente, dunque che ogni linea di caduta si era originata da un settore diverso dell’insediamento antico. In ultima analisi ogni linea di caduta avrebbe potuto quasi certamente presentare dati archeologici peculiari e differenti rispetto a tutte le altre. Cosa può significare questo elemento della ricerca nel dettaglio? A – Che lo studio delle singole linee di caduta di un abitato antico potrà dare indicazioni sulla presenza di capanne o di attività di tipo economico o del più vario altro genere che venivano svolte nella zona da cui è scivolata a valle la linea stessa.
B – Che attraverso la cronologia dei materiali archeologici, il loro contesto culturale e le variazioni del contesto stesso tale studio potrà fornire indicazioni analoghe oppure differenti rispetto le altre linee di caduta.
C – Che tale confronto potrebbe permettere di capire dove, quando e da quale facies culturale è stato fondato inizialmente il villaggio, se in seguito si siano avuti nuovi apporti e cambiamenti culturali e come il villaggio si sia modificato nel tempo. Considerati nel complesso, i dati restituiti dalle giaciture secondarie sembrano in grado di mostrare la dislocazione, l’estensione ed i cambiamenti cronologici, culturali ed economici (con l’analisi delle ossa animali) di taluni villaggi, e forse anzi dei maggiori centri sociali ed economici del territorio, almeno considerata la consistenza delle stesse linee di caduta.
Si tratta, in breve, della possibilità di restituire dignità storica proprio a quelli che Tiziano Mannoni chiamava gli “unicum insediativi”, ovvero i più importanti insediamenti del territorio, quelli nei quali l’analisi dei fattori di continuità e discontinuità storica descrive, in una parola, la Storia del territorio. Il concetto che qui preme sottolineare è che da tali considerazioni appare assodata l’importanza fondamentale delle giaciture secondarie in Appennino, ma vorrei dire nell’intero areale mediterraneo a rilievo. Ne consegue la necessità di un loro studio approfondito al fine di ricostruire dati primari qualora non esistano più, ovvero si trovino in condizione di grave deterioramento le originarie stratificazioni in situ o primarie. Proponiamo la definizione, per le Unità Stratigrafiche delle linee di caduta, di “Unità Stratigrafiche Secondarie” (USS). Il loro scavo stratigrafico è una differente forma di scavo archeologico, completamente distinto da quello delle giaciture primarie. Si consideri infatti che gli studi sulle Unità Stratigrafiche Secondarie, allo scopo di ottenere dati scientificamente produttivi, devono forzatamente nascere come studi interdisciplinari: i dati infatti provenienti da tali unità debbono essere verificati nel loro livello di attendibilità, e questo a causa della loro stessa natura di strati graficamente secondario, e ciò indipendentemente dalla loro notevole validità.
Si consideri inoltre il carattere di estrema dilatazione e complessità che una ricerca di questo genere viene ad innescare entro uno studio di superficie, ma anche, come contraltare, la non trascurabile opportunità di studio e ricostruzione che essa offre alle ricerche nei territori a rilievo. E’ infatti a nostro avviso opportuno ritenere che un corretto esame delle Unità Stratigrafiche Secondarie di un territorio possa gettare nuova luce ed avviare una nuova fase degli studi sugli insediamenti d’altura degradati, ridando loro dignità storica.

Un esempio: il sito d’altura di Monte Corno in Val Parma. 

Monte Corno è una sommità con retrostante lungo crinale, modello insediativo definito di “terminazione di crinale”. Dalla sommità e dal crinale discendono sei linee di caduta di terreno antropizzato frammisto a materiale archeologico. Recentemente arature ripetute hanno messo in luce un’alta sezione della Linea di caduta 4 sul versante meridionale: il suo rilievo ha mostrato una interessante sequenza di Unità Stratigrafiche Secondarie. In sostanza ne deriva in primo luogo che non soltanto la cima dell’altura era a Monte Corno insediata, ma lo stesso crinale retrostante per una lunghezza di oltre 300 metri. Nel dettaglio della Linea di caduta 4, l’interpretazione è la seguente: sopra un avvallamento forse naturale, ma in ipotesi un fossato antropico scavato nella roccia di base (USS 7) a riparo del villaggio, verso la fine del Bronzo Medio 2, quando il villaggio già esisteva sulla sommità da Bronzo Medio 1, viene impiantato un nuovo settore del villaggio da parte di una comunità a forte prevalenza terramaricola con qualche significativo apporto occidentale; sul fondo dell’avvallamento inizia a percolare un colluvio organico a partire dalle soprastanti attività antropiche (USS 6).
Con il seguente abbandono delle locali strutture abitative (mancano evidenze di Bronzo Recente) costituite da capanne sopra terrazzamenti in muratura tali strutture a secco di contenimento delle capanne collassano entro l’avvallamento da oriente (USS 5) forse in breve lasso di tempo. Da occidente intanto, con lentezza maggiore percolano entro lo stesso unità naturali pedologiche e geologiche (USS 3 e 4). Solo in seguito e con relativa rapidità nell’avvallamento confluiscono gli ex strati di vita della capanna (USS 2) mentre nell’inorganica superficiale USS 1 si rinvengono rari frammenti di Età del Ferro e filettata medievale di IX – XI secolo, i quali ultimi fanno postulare che la definitiva sistemazione della sequenza nella veste attuale abbia avuto corso tra primo e secondo millennio della nostra era.
Ne deduciamo che lo studio complessivo di tutte le sei linee di caduta di Monte Corno potrebbe apportare una mole di nuovi dati tali da definire la storia di questo importante insediamento.

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